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La vita ingiusta e la libertà degli uomini

Testata: La Repubblica
Data: 22 maggio 2009
Pagina: 1
Autore: Vito Mancuso
Titolo: «La vita ingiusta e la libertà degli uomini»

LA REPLICA di monsignor Sgreccia al presidente della Camera che aveva auspicato leggi «non orientate da precetti religiosi» è stata chiara e immediata: «La Chiesa non tacerà sui temi di bioetica che riguardano i diritti umani, i dettami costituzionali, la stessa razionalità umana e il bene comune».
Belle parole, così belle che possono essere fatte proprie da chiunque: infatti quale istituzione o persona responsabile intenderebbe tacere sui diritti umani, i dettami costituzionali, la razionalità umana e il bene comune? Il problema consiste piuttosto nel riempire di contenuti concreti quegli altissimi concetti e qui ovviamente sorgono subito le divisioni.
La domanda a cui occorre dare una risposta, visto che si parla di bio-etica, è la seguente: qual è l'etica che emerge dal bios? Guardando alla vita nel suo svolgimento concreto, alla vita che ogni giorno è davanti agli occhi di tutti, e leggendola senza fare riferimento a visioni religiosamente condizionate, è possibile individuarvi una logica che poi possa costituire la base dell'etica, cioè del comportamento che l'uomo è tenuto ad avere di fronte alla vita stessa? Si tratta cioè di capire come si comporta la vita verso di noi, per poi capire come ci dobbiamo comportare noi verso di lei. E come si comporta la vita? È giusta la vita verso gli uomini? Oppure è ingiusta e persino tirannica? Oppure a volte è giusta e a volte no, con il risultato di essere arbitraria, caotica, capricciosa e quindi di non contenere nessun punto fermo in base al quale costruire una norma del comportamento umano verso di essa fondato unicamente su base razionale?
Ma un'altra domanda si impone: se la vita non è sempre giusta verso gli uomini, perché gli uomini dovrebbero sempre esserlo verso di lei? Se la vita non rispetta l'innocenza e la salute dei più deboli, se la vita contiene fin dal suo sorgere la possibilità di oltre seimila malattie genetiche, se la vita può generare da se stessa la morte mediante una malattia misteriosa quando tuo figlio deve ancora nascere o è solo un bambino, perché noi esseri umani, che siamo a nostra volta un fenomeno della vita, dovremmo agire diversamente?
«La Chiesa non tacerà sulla razionalità umana», belle parole monsignore. Ma qual è questa razionalità? A chi voglia essere davvero razionale nella considerazione della vita una cosa si impone: il principio-contraddizione. Vi sono mille elementi per negare un senso alla natura e alla vita, e ve ne sono mille altri per riconoscerlo. Anche la Bibbia presenta elementi in una direzione e nell'altra.
Scrive Qoeleta proposito degli uomini «che essi di per sé sono bestie, infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c'è un soffio vitale per tutti» (3,18-19). Replica il Siracide che invece Dio «li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente infuse il timore dell'uomo perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli... Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita» (17,3-4 e 11). Per un libro biblico non c'è nessuna legge della vita (nessuna bioetica), per un altro invece sì. Ora, se persino la Parola di Dio contiene la contraddizione, come può l'attuale bioetica della Chiesa cattolica proporsi come qualcosa di razionale e di universale? Sono tutti irrazionali coloro che, come Qoelet, vedono nella vita il predominio del caos e della forza? Gli autentici cultori della vera ragione sarebbero solo i rappresentanti delle gerarchie vaticane? Anche solo una fuggevole considerazione alla storia della scienza e della filosofia fa venire qualche dubbio al riguardo. Dopo aver dedicato l'esistenza a studiare la vita concreta della natura per afferrarne la logica, Darwin giunse a scrivere in una lettera a Hooker del 1870: «Non posso guardare all'universo come al risultato di un cieco caso. Tuttavia non posso vedere nessuna prova di un disegno benevolo». Ecco, ancora una volta, il principio-contraddizione. Nessuna possibilità di una dogmatica, né teista né ateista, quando si tratta della vita nella sua concretezza. Una cosa però questa incertezza teoretica sulla nostra origine e sul nostro destino ce la indica di sicuro, e cioè la libertà.
Se possiamo vedere o non vedere un senso della vita, ciò significa che siamo liberi, che non c'è un senso precostituito che ci opprime con la sua necessità di fronte alla quale non resta altro che obbedire. Io, personalmente, sono fermamente convinto che un senso alla vita ci sia, e lotto per affermarlo nei miei scritti e nei dibattiti, e prima ancora dentro di me, quando sono solo con i miei pensieri e i miei dubbi. Ma esso non può essere imposto a nessuno, neppure nel risvolto pratico di non poter rifiutare l'alimentazione e l'idratazione mediante sondino nasogastrico.
Se la vita si presenta come contraddizione, rispettare la contraddizione mediante l'esercizio della libertà è la modalità migliore di rispettare la vita. Mi vengono alla mente le celebri parole che Pico della Mirandola fa pronunciare a Dio subito dopo la creazione dell'uomo: «Non ti ho dato né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua... La natura limitata degli altri esseri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu invece te la determinerai senza essere costretto da nessuna barriera, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai... Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine»( Oratio de hominis dignitate, trad. di Eugenio Garin). Avere rispetto incondizionato verso la vita, amarla e servirla sempre con amore, come il cattolicesimo invita a fare, non è qualcosa che attiene alla natura umana così come si presenta. È qualcosa di diverso, a mio avviso di così alto che, se praticato con autenticità, può condurre a quelle «cose superiori che sono divine» di cui parla Pico. Alla natura umana esistente qui e ora è data piuttosto la libertà. In questo essa consiste e questo essa è.
Perciò ritengo che sia del tutto auspicabile che si giunga a leggi in tema di bioetica "non orientate da precetti religiosi", ovvero tali da essere in grado di far esercitare a ogni uomo quella libertà in cui consiste la nostra essenza. Soprattutto i politici che fanno parte di un partito che si definisce "della libertà" dovrebbero operare sempre in tal senso.